martedì 13 settembre 2016

Il Regno della Virtù


«Troppo ovvio, al limite del banale. Non c’è da perdere tempo a fare considerazioni (pur sacrosante) sulle maestre di Como che hanno censurato il nome “Gesù” dalle canzoncine di Natale e lo hanno sostituito con “virtù”. […] Nel loro candore non se ne sono, ovviamente, rese conto, ma hanno obbedito così a una costante mai smentita: alla diminuzione della fede corrisponde sempre un aumento dell’interesse per la morale, sino al moralismo sfrenato (e pericoloso, oppressivo, spesso sanguinario) quando quella fede è del tutto svanita. Il culto del Dio di Cristo è sostituito dal culto, appunto, della Virtù. Termine cui, non a caso, hanno pensato subito, istintivamente, le sprovvedute insegnanti.
Giuliano l’Apostata tenta di contrastare la fede nel Nazareno con un deciso “riarmo morale” dell’Impero, cercando di ritrovare e rilanciare le Virtù della cultura pagana. 

Allo stesso istinto obbedisce il secondo, grande tentativo di scristianizzazione, quello della Rivoluzione Francese. Il programma di Robespierre si propone di realizzare le Royaume de la Vertù, il Regno della Virtù. Egli stesso vive come un’asceta, senza neppure una casa propria, affittando una stanza presso un falegname. E lì, virtuosissimo, senza bere alcolici, senza frequentare donne, senza giocare, mangiando poche e povere cose, persino usando un linguaggio castigatissimo, pensa a come completare le liste di coloro che, ogni giorno, devono essere condannati a morte. Non a caso era chiamato “l’Incorruttibile”: nessuno più morale di lui. 

È ossessiva, comunque, la predicazione di tutti i rivoluzionari francesi di ogni obbedienza, perché il popolo sia “virtuoso”. Il principale atto di accusa sulla cui base Danton fu inviato sulla ghigliottina fu l’avere detto, spazientito da tutti quei discorsi edificanti, che la sola “virtù” che conoscesse era quella che esercitava tra le sue lenzuola, ogni notte, con qualche popolana. Scandalo intollerabile tra quei farisei dei suoi colleghi e ottimo pretesto per mandarlo a morte.

Nulla di più moralista, poi, di quelle atee ideologie sorelle che sono marxismo e nazionalsocialismo. E la società secolarizzata di oggi non è forse quella in cui, dai politici, ai medici, ai media, non si fa altro che tentare di inculcare nella gente, ancora una volta, la Virtù? 

Non drogarsi, non fumare, mangiare poco, astenersi dagli zuccheri, dieta il più possibile vegetariana, esercizio fisico, niente cibi con colesterolo, non fare all’amore senza preservativo, guai a chi supera il peso forma, punizioni per chi non mette la cintura di sicurezza, tolleranza zero per chi infrange il codice stradale, inviti a praticare la solidarietà, campagne per il volontariato, sottoscrizioni buoniste alla tv, eventi sportivi benefici, auspici continui di pace universale, manette a chi non rispetti gli usi verbali “virtuosi” e parli male di chiunque non sia bianco, occidentale, “ariano”...
Sbaglia di grosso chi crede che la nostra società, staccatasi dalla fede, sia divenuta permissiva, addirittura libertina: lo è, ma solo nei fatti, non certo nelle parole e nelle intenzioni dichiarate. 

Razzola molto male ma predica bene, anzi benissimo: è lo Stato stesso che finanzia campagne per indurci a quelle belle virtù che dicevamo e le televisioni alternano donne nude ad austeri moralisti, spesso in camice bianco da primario ospedaliero o in doppiopetto da sociologo, che ci esortano all’etica più ardua. 

Nelle edicole, le riviste porno si alternano a periodici che ci danno consigli di vita da mettere in difficoltà un asceta della Tebaide. E il Ministro non si chiama più della Sanità, che è cosa tecnica, riguarda l’organizzazione e la burocrazia medica. No, pretende di chiamarsi “Ministro della Salute”: il governo, dunque, entra nella nostra vita privata e, con le buone e con le cattive, vuoi farci rigare dritto per seguire la nuova, esigentissima Etica di Stato».

(Vittorio Messori. Il Timone – Gennaio 2005)

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