lunedì 27 aprile 2015

Fin dal principio




Il vescovo li vede arrivare, una folla di persone dall’aria decisa. Sospirando, si girò verso di loro.

“Che cosa volete, figlioli?”

Quello che era evidentemente il loro capo si fece avanti. “Vogliamo che la Chiesa…”

Il santo vescovo li ascoltò pazientemente, poi ad un certo punto alzò la mano. “Sì, sì, credo di avere capito. A questo punto penso che sia meglio che queste che cose le chiediate direttamente a Dio”.

Si levò un mormorio di sorpresa. “Ma… disturbarlo per…” Ma il vescovo fece un cenno con la mano a liquidare l’obiezione e si avviò con passo deciso. Gli altri lo seguirono.

Dio stava potando delle viti nel suo giardino. “Sì, un attimo, ho quasi finito.” Recise un ultimo ramo e poi si sedette su un muretto. “Allora, forza, parlate” disse, con fare affabile.

Si fece avanti il capo del gruppo. “Signore, ecco, noi… vorremmo che permettessi l’uso di anticoncezionali…”. Disse, quasi farfugliando.

Dio scambiò un’occhiata con il vescovo. “Certo, lo permetto”.

Un mormorio di sorpresa si levò tra i presenti, che cominciarono a scambiarsi pacche sulle spalle.

“C’è altro, vero?” disse Dio.

“Ecco, vorremmo che fossero permessi anche i rapporti omosessuali…”

“Sono permessi”, disse Dio.

Da alcuni degli astanti si levarono degli “Olè”.

“E anche i rapporti al di fuori del matrimonio…”

“Accordàti”, fece Dio.

“La masturbazione…”

“Certo”

“L’aborto…”

“Come no. Ma aspettate, è inutile che vi sforziate di esprimerlo in parole, tanto lo posso leggere in voi cosa vorreste fare”.

Li guardò, uno per uno. “Vorreste fare del sesso quando vi va e con chi vi va? Lo permetto. Anche con dei bambini? Sì, lo permetto. Vorreste impossessarvi dei beni di chi secondo voi ha troppo? Lo permetto. Della donna, dell’uomo di un altro? Lo permetto. Anche con la forza? Con la menzogna? Lo permetto. Volete uccidere chi non sopportate? Permetto anche questo”.

Man mano che Dio parlava, tutti ad uno ad uno tacquero.

Dio si alzò. “Io permetto tutte queste cose. Le permetto già. E dovreste saperlo, visto che già le fate. Tutte”.

Si avvicinò, e fissò negli occhi il loro capo. “Ma quello che non posso fare è dire che tutte queste cose vi renderanno felici. Non posso proprio farvele bastare. Perché io ho fatto voi uomini in un’altra maniera.” Mentre parlava sorrideva, un sorriso triste.

“Non solo il fare tutte queste azioni non vi basterà, ma vi renderà ancora più infelici, perché sono proprio il contrario del modo in cui vi ho fatto”.

Il leader del gruppo abbassò lo sguardo. Dio gli posò una mano sulla spalla. “Vi ho fatti in una certa maniera, e nemmeno io posso farvi in maniera diversa senza disfarvi del tutto. Nel fondo del vostro cuore voi non volete le cose che avete chiesto: chiedete delle cose che pensate colmino quella sete che avete, ma non sono le cose giuste. Sono le cose che qualcuno che odia voi e me vi ha suggerito proprio sapendo cosa vi succederebbe”.

Si rivolse a quelli dietro. “Voi, che già le fate, ditemi, vi hanno resi felici, o ancora più disperati e famelici? Cosa è successo, come conseguenza di quelle azioni? Quale tristezza e schifo hanno generato?” Nessuno parlò. “E quindi,” proseguì Dio, “cosa vorreste che io facessi? Che, nonostante quello che siete, quello che è, io vi dessi il permesso di sentirvi giustificati qualsiasi cosa facciate? In maniera da accusarmi anche di questo? Bene, il permesso di farlo ve l’ho dato. E ve l’ho dato fin dal principio. Si chiama libertà. Ma avete anche qualcosa d’altro, dentro, cioè la conoscenza di cosa sia bene e cosa sia male. E nemmeno io posso togliervela, perché ve la siete presa assieme alla libertà”.

Si accostò al vescovo, passò il braccio attorno alle sue spalle bianche e lo strinse a sé. “Il vostro vescovo vi può ricordare cosa io stesso ho detto ai vostri padri. Cos’è che può rendervi felici. Ma, se non lo posso io, neanche lui può cambiare la vostra natura”.

“Cos’è che può renderci felici, allora?” Chiese il capo del gruppo.

“Già lo sai.” Disse Dio “stare qui assieme a me”.

A questo punto, il silenzio era totale. Neanche si sentivano più gli uccellini tra i rami del giardino. Poi, uno ad uno, i presenti si voltarono e se ne andarono.

Alla fine rimasero solo Dio e il vescovo. Il vescovo sospirò. “Credi che l’abbiano capito, stavolta?” Chiese, rivolgendosi a Dio.

Dio si strinse le spalle. “Come tutte le altre volte. Ma una cosa la sanno, anche se ogni volta sembrano scordarsene”.

Il vescovo si girò verso Dio. “E qual è?”

Rispose Dio “Che io li amo”.


Di Berlicche

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lunedì 20 aprile 2015

Il non-conformismo della fede



Agire secondo verità nella carità.

«La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Ma lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi.

E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso.

Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”. È la fede che egli vuole.

Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo.

Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi.

Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo.

La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente.

Essa s’oppone ai venti della moda.

Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo.

Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande “sì”. Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità” (cfr Ef 4, 15).

Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo.

Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili.

In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri».


Omelia del Santo Padre Benedetto XVI – Domenica, 28 giugno 2009. Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

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martedì 14 aprile 2015

Essere uomo in modo retto



«La figura di Cristo viene interpretata sugli antichi sarcofaghi soprattutto mediante due immagini: quella del filosofo e quella del pastore.

Per filosofia allora, in genere, non si intendeva una difficile disciplina accademica, come essa si presenta oggi. Il filosofo era piuttosto colui che sapeva insegnare l'arte essenziale: l'arte di essere uomo in modo retto – l'arte di vivere e di morire.

Certamente gli uomini già da tempo si erano resi conto che gran parte di coloro che andavano in giro come filosofi, come maestri di vita, erano soltanto dei ciarlatani che con le loro parole si procuravano denaro, mentre sulla vera vita non avevano niente da dire. Tanto più si cercava il vero filosofo che sapesse veramente indicare la via della vita.

Verso la fine del terzo secolo incontriamo per la prima volta a Roma, sul sarcofago di un bambino, nel contesto della risurrezione di Lazzaro, la figura di Cristo come del vero filosofo che in una mano tiene il Vangelo e nell'altra il bastone da viandante, proprio del filosofo. Con questo suo bastone Egli vince la morte; il Vangelo porta la verità che i filosofi peregrinanti avevano cercato invano.

In questa immagine, che poi per un lungo periodo permaneva nell'arte dei sarcofaghi, si rende evidente ciò che le persone colte come le semplici trovavano in Cristo: Egli ci dice chi in realtà è l'uomo e che cosa egli deve fare per essere veramente uomo. Egli ci indica la via e questa via è la verità. Egli stesso è tanto l'una quanto l'altra, e perciò è anche la vita della quale siamo tutti alla ricerca. Egli indica anche la via oltre la morte; solo chi è in grado di fare questo, è un vero maestro di vita. La stessa cosa si rende visibile nell'immagine del pastore».


Benedetto XVI, Spe salvi 6

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giovedì 9 aprile 2015

Sul lato sbagliato della storia



«L’eternità entra nella storia umana spesso in modi incomprensibili.

Dio fa promesse ma non dà scadenze temporali.

I pellegrini che visitano il Santuario di Fatima entrano in una enorme piazza, con il punto delle apparizioni segnato da una piccola cappella su un lato, una grande chiesa a un’estremità, una cappella per l’adorazione altrettanto grande all’altra estremità, un centro per visitatori e per le confessioni. Appena fuori lo spazio principale è stata ricostruita una sezione del muro di Berlino, una testimonianza tangibile di ciò di cui Maria aveva parlato quasi un secolo fa.

Il comunismo in Russia e nelle nazioni satellite è crollato, benché molti dei suoi effetti di peccato siano ancora tra di noi.


Il comunismo impose un modello di vita totalizzante basato su un assunto: Dio non esiste.

Il secolarismo è il suo compagno e sodale più presentabile.

Per ironia della storia, alcune settimane fa alle Nazioni Unite la Russia si è unita alla maggioranza dei Paesi per opporsi agli Stati Uniti e all’Europa occidentale che volevano dichiarare l’uccisione di un bambino non nato un diritto universale.

Chi si trova sul lato sbagliato della storia in questo momento?

La presente campagna elettorale ha portato in superficie un sentimento anti-religioso, in buona parte esplicitamente anti-cattolico, cresciuto in questo Paese per decenni. La secolarizzazione della nostra cultura è una questione che supera di gran lunga quelle politiche o l’esito di queste elezioni, per quanto siano importanti.

Parlando alcuni anni fa a un gruppo di sacerdoti, totalmente al di fuori dell’attuale dibattito politico, stavo cercando di esprimere in modo plateale ciò che una completa secolarizzazione della nostra società potrebbe comportare un giorno. Stavo rispondendo a una domanda, non ho mai messo nulla per iscritto, ma le parole furono catturate dallo smart-phone di qualcuno e sono diventate virali, da wikipedia e altrove.

Dissi – ed è stato riportato correttamente – che io mi aspettavo di morire in un letto, ma che il mio successore sarebbe morto in prigione e il suo successore sarebbe morto martire in una piazza pubblica. È stata omessa però la frase finale, sul vescovo successore di un possibile vescovo martirizzato: “Il suo successore raccoglierà i resti di una società in rovina e lentamente aiuterà a ricostruire la civiltà, come la Chiesa ha fatto tante volte lungo la storia”.

[…] Dio sostiene il mondo, nei buoni e cattivi tempi. I cattolici, assieme a molti altri, credono che solo una persona ha superato e riscattato la storia: Gesù Cristo, figlio di Dio, salvatore del mondo e capo del suo corpo, la Chiesa.

Coloro che si raccolgono ai piedi della sua croce e della sua tomba vuota, non importa la loro nazionalità, sono sul lato giusto della storia.

Quelli che mentono su di lui e minacciano e perseguitano i suoi seguaci, in qualsiasi epoca, possono illudersi di portare qualcosa di nuovo, ma finiscono solo per portare variazioni su una vecchia storia, quella del peccato e dell’oppressione umana. Non c’è nulla di “progresso” nel peccato, anche quando viene promosso come qualcosa di “illuminato”». […]


Francis George, cardinale e arcivescovo di Chicago. Estratto di un articolo pubblicato sul suo spazio internet nel novembre del 2012.

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giovedì 2 aprile 2015

Un punto di riferimento


«Il peccato è un’offesa a Dio»: così nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1850). E ancora al Salmo 51: «Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto». Il problema del male e di conseguenza del peccato nasce insieme al mondo; Sant’Agostino si chiedeva: «Quaerebam unde malum et non erat exitus» («Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi risposta»), e ancora nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo (412) «Ma perché Dio non ha impedito all’uomo di peccare?» Risponde, tra gli altri, San Tommaso d’Aquino: «Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarne da essi un bene più grande. Da qui il detto di San Paolo: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”».

Nelle nostre giornate così rumorose, affogate tra fretta e ansie di ogni tipo dove trova posto il peccato?

O meglio, ha ancora senso parlare di peccato, di colpa verso Dio?

L’uomo di oggi ha voglia e tempo di soffermarsi a riflettere su questo, magari nell’ombra quieta di un confessionale? Voci unanimi dicono di no per la maggior parte, anche se per alcuni ci sono delle eccezioni. [...]

«In questo tempo di “relativismo etico e soggettivismo morale” come ha sottolineato Papa Benedetto XVI ognuno crede di poter fare da solo, anche di giustificare un peccato come tale, mentre metro per giudicare quando un peccato è tale, sono i dieci Comandamenti, la Legge di Dio. Il peccato è il nostro no a questa Legge di Dio. C’è un abuso oggi della frase: “secondo la mia coscienza”, ma questa coscienza per essere usata come ago della bilancia, deve avere un punto di riferimento, dev’essere retta e guidata da Dio e dal Magistero della Chiesa; invece purtroppo oggi la gente è disorientata e nell’incertezza si preferisce non avvicinarsi al confessionale: comportamenti troppo sbagliati, situazioni troppo difficili portano le persone sempre più lontane dalla confessione vissuta solo come un ostacolo troppo grande da superare; non si è più attenti al peccato e al peccato verso Dio, ma solo verso gli altri il che non è sbagliato di per sé, ma non è tutto».


Di Nicoletta Benini. Esiste ancora il senso del peccato? – 29 marzo 2006 – toscanaoggi.it

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