venerdì 15 febbraio 2013

Torquemada

L’inquisizione spagnola e la questione ebraica nella Spagna del XV secolo.

«Raramente chi parla dell’Inquisizione spagnola adotta il punto di partenza corretto, che e la questione ebraica in Spagna. II problema era antico: già in epoca romana l’Andalusia veniva chiamata “la seconda Palestina” per il gran numero di ebrei che vi si erano stabiliti fin da tempi antichissimi, seguendo i fenici. Si calcola che in epoca imperiale il venticinque per cento della popolazione andalusa fosse ebrea, con punte del trentatré per cento nelle grandi città come Siviglia e Cadice. Certi studiosi sostengono che una intera tribù d’Israele, la tribù di Giuda, si era trasferita in Andalusia.
Con il cristianesimo questi ebrei non si convertono; recentemente sono stati pubblicati i documenti completi del primo concilio nazionale nella storia della Chiesa, il concilio di Elvira agli inizi del IV secolo, dove si può dire che non si e parlato altro che degli ebrei andalusi.
 

Mille anni dopo, nel secolo XV, il problema si poneva in modo diverso. Molti ebrei si erano convertiti al cattolicesimo formando una classe di conversos che dominava l’economia, la cultura e talora anche le cariche ecclesiastiche, suscitando il rancore dei cattolici di origine non ebraica, che a poco a poco si vedevano sfuggire tutte le posizioni di potere.
Il rancore diventa violenza quando, in alcuni casi evidenti, gruppi di conversos rivelano chiaramente che la loro adesione al cattolicesimo e stata puramente formale e mossa dal desiderio di occupare cariche pubbliche – riservate ai cattolici – celebrando in pubblico riti inequivocabilmente giudaici o “giudaizzando” i riti cattolici. È un fatto noto agli storici e largamente provato che, a un certo punto, nella cattedrale di Cordoba si celebrava un ufficio che aveva ben poco di cattolico e dove tutti i riferimenti culturali erano giudaici.
A partire dal 1391 esplodono in Spagna episodi di violenza popolare contro gli ebrei, sia di religione giudaica che conversos, che fa molti morti: e sarebbe stato un bagno di sangue senza il ricorso all’Inquisizione, richiesto insistentemente al re da molti autorevoli conversos.

Qual e dunque lo scopo primo dell’Inquisizione? Colpire i falsi conversos che hanno finto la conversione per ragioni di convenienza e che “giudaizzano” i riti cattolici.
 

Ma qual è il rovescio della medaglia? L’Inquisizione, colpendo una ridotta percentuale di conversos, certifica che tutti gli altri conversos – la stragrande maggioranza, quella che non viene colpita – è composta da veri cattolici e da veri spagnoli, che nessuno ha il diritto di discriminare e meno ancora di attaccare con la violenza.
Dal momento in cui nasce l’Inquisizione spagnola i promotori di tumulti anti-giudaici perdono qualunque giustificazione, vengono colpiti dal potere reale e in pochi anni i tumulti spariscono. Colpendo una minima percentuale di conversos fittizi l’Inquisizione ha salvato gli ebrei convertiti di Spagna dalle invidie e dai tumulti e ne ha garantito la prosperità: sono di origine ebraica Diego Lainez, il grande protagonista del Concilio di Trento, molti gesuiti, grandi famiglie come gli Acosta di Medina del Campo – che daranno cinque fratelli, i famosi padri Acosta, alla Compagnia di Gesù – e i marchesi di Cadice, poi noti come duchi di Arcos.
 

Ma ancora: a chi la Chiesa mette in mano l’Inquisizione? A conversos, a cattolici di origine ebraica come Tomas de Torquemada e come il suo successore Diego Deza.
Garanzia di un trattamento senza pregiudizi anti-giudaici; e forse ragione occulta delle incredibili menzogne che tutta una letteratura di propaganda ha diffuso su questi personaggi. Pochi sanno che lo stesso Torquemada e uno dei maggiori mecenati e protettori di artisti della sua epoca: tutto il magnifico complesso di San Tommaso d’Avila, il vertice del gotico spagnolo, e il frutto del mecenatismo di Tomas de Torquemada, a cui deve molto anche la grande pittura di Pedro de Berruguete.
Ma desterà ancora maggiore stupore sapere che Tomas de Torquemada e stato un inquisitore generale relativamente mite e liberale, che si e battuto per ottenere ampie amnistie come quella del 1484, di cui ha beneficiato il nonno di santa Teresa d’Avila, un ebreo converso sorpreso a “giudaizzare” che con l’amnistia si ritrova libero e riabilitato fino a potere diventare direttore delle finanze reali ad Avila. Tra l’altro, la pena a cui era stato condannato non era poi terribile: doveva visitare in abito da penitente un certo numero di chiese tutti i venerdì».

Da un’intervista allo storico francese Jean Dumont [1923-2001]

::

Nessun commento:

Posta un commento