lunedì 2 aprile 2012

L’afflizione che risana

«È bene essere afflitti e chiamare beata l’afflizione?
Ci sono due tipi di afflizione: una che ha perso la speranza, che non si fida più dell’amore e della verità e quindi insidia e distrugge l’uomo dall’interno: ma c’è anche l’afflizione che deriva dalla scossa provocata dalla verità e porta l’uomo alla conversione, alla resistenza di fronte al male.
Questa afflizione risana, perché insegna all’uomo a sperare e ad amare di nuovo.
Un esempio del primo tipo di afflizione è Giuda che - colpito dallo sgomento per la sua caduta – non osa più sperare e si impicca, in preda alla disperazione.
Al secondo genere appartiene l’afflizione di Pietro che, colpito dallo sguardo del Signore, scoppia in lacrime risanatrici: solcano il terreno della sua anima. Ricomincia da capo e diventa un uomo nuovo.
Di questo genere di afflizione positiva, che costituisce un potere opposto alla signoria del male, troviamo una toccante testimonianza in Ezechiele 9,4. Sei uomini vengono incaricati di punire Gerusalemme – la terra coperta di sangue, la città piena di violenza (cfr. 9,9). Ma prima un uomo vestito di lino deve disegnare un «tau» (una specie di croce) sulla fronte di coloro «che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono» (9,4) e le persone segnate in quel modo scampano al castigo, sono persone che non seguono il branco, che non si lasciano coinvolgere con spirito gregario in una ingiustizia divenuta normalità, ma ne soffrono.
Anche se non sta in loro potere di cambiare la situazione nel suo insieme, oppongono tuttavia al dominio del male la resistenza passiva della sofferenza – l’afflizione che pone un limite al potere del male. […]
A questi afflitti è promessa la grande consolazione.
In questo senso, la seconda Beatitudine è in stretta relazione con l’Ottava: «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».
L’afflizione di cui parla il Signore è il non-conformismo col male, è un modo di opporsi a quello che fanno tutti e che s’impone al singolo come modello di comportamento.
Il mondo non sopporta questo tipo di resistenza, esige che si partecipi. Questa afflizione gli sembra una denuncia che si oppone allo stordimento delle coscienze.
E lo è.
Per questo gli afflitti diventano dei perseguitati a causa della giustizia.
Agli afflitti viene promessa consolazione, ai perseguitati il regno di Dio; è la stessa promessa fatta ai poveri in spirito.
Le due promesse sono molto vicine: il regno di Dio – stare nella protezione della potenza di Dio ed essere sicuri nel suo amore – questa è la vera consolazione. […]»

Benedetto XVI – Joseph Ratzinger. “Gesù di Nazareth” Rizzoli, 2007 (pag. 110-113)

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