sabato 1 ottobre 2011

L’ultimo pregiudizio accettabile

Ogni società non può fare a meno di una scala di valori condivisi. Metterli in discussione o, peggio, tentare di sovvertirli, è avvertito come un attentato contro le fondamenta stesse della società.

«Parlare di Inquisizione per uno studioso cattolico non è facile, perché la sensibilità contemporanea non ammette coazioni alla libertà di opinione. E a scuola l’Inquisizione ci è sempre stata descritta alla stregua di una Gestapo o di un Kgb, con l’aggravante odiosa che la coercizione veniva esercitata in nome di Cristo.
È difficile, poi, che un ragazzo di liceo si soffermi a riflettere sui disegni a corredo dell’argomento e che quasi sempre rappresentano frati tetramente incappucciati, intenti a torturare fanciulle ignude. Ci vorrebbe quello spirito critico che la scuola dovrebbe creare – ma che, ormai, fa di tutto per spegnere – per accorgersi che i disegni in questione provengono da luoghi e tempi in cui l’Inquisizione (quella cattolica, visto che raffigurano frati) non c’era.
Sull’Inquisizione, infatti, da secoli insiste una «leggenda nera» che ha finito col creare nei cattolici, comprese le gerarchie ecclesiastiche, un complesso di colpa nei confronti del laicismo, che ben altre inquisizioni ha inventato ma di cui non pensa neppure lontanamente a scusarsi.
I cattolici, oggi, si sono lasciati convincere che tutto il loro dovere debba consistere nel comportarsi con “amore”; la “giustizia” è, tutt’al più, lasciata al fai-da-te dei cosiddetti “preti di frontiera”, cui la codificata Dottrina Sociale della Chiesa il più delle volte sembra solo una fastidiosa ingerenza della Gerarchia; la “verità”, infine, semplicemente non esiste: la posizione cattolica non è che una delle tante in circolazione. Perciò, tutto l’insegnamento di Cristo si risolverebbe nel “porgi l’altra guancia”, altro che Inquisizione! Ed è veramente rarissimo sentirsi spiegare da qualche chierico che la “guancia” da “porgere” è la propria, non certo quella di coloro che si ha il dovere di difendere. Nessuno sarebbe così pazzo da pensare che un poliziotto cattolico debba porgere l’altra guancia a un ladro o a un assassino.


Eppure, quasi mai l’incongruenza viene notata o fatta notare.
Non pochi, poi, rilevano i famosi “mea culpa” (cioè, l’Atto di Purificazione della Memoria) con cui Giovanni Paolo II volle far entrare la Chiesa nel Terzo Millennio cristiano. E dimenticano che si tratta dello stesso Pontefice che, al tempo della guerra balcanica degli anni Novanta, invocò l’“ingerenza umanitaria” (armata, naturalmente).
Quasi nessuno, infine, si rende conto che non esiste, né può esistere, una società in cui qualunque idea abbia diritto di cittadinanza. Sappiamo come vanno le cose nei Paesi islamici, in quelli comunisti, in quelli ancora animisti (che praticano la caccia alle streghe e puniscono la minima deviazione ai riti ancestrali), nella pur democratica India, dove la deroga al sistema delle caste suscita a intervalli irregolari sanguinosi conflitti. Ma anche i Paesi occidentali, cioè quelli di tradizione cristiana, quantunque secolarizzati e con la religione ridotta a un fatto del tutto privato, non tollerano, né possono tollerare, “eresie” rispetto alla filosofia su cui attualmente si fondano. Cioè, la filosofia liberal-democratica e la sua deriva relativista. Moltissime sono, in essi, le “opinioni” che non possono essere manifestate, pena l’intervento del codice penale. Non si può fare l’apologia del nazismo, per esempio, o del fascismo. Non si può negare il genocidio ebraico nel corso dell’ultimo conflitto. Non si possano esprimere critiche a intere categorie di persone (zingari, omosessuali, eccetera), nemmeno usare determinate parole, pena l’accusa di discriminazione o incitamento all’odio. Si potrebbe continuare con gli esempi e si potrebbe discuterci sopra all’infinito; ma quanto esposto, condivisibile o meno, dimostra l’assunto: ogni società non può fare a meno di una scala di valori condivisi. Metterli in discussione o, peggio, tentare di sovvertirli, è avvertito come un attentato contro le fondamenta stesse della società. Questa, dunque, difende se stessa bloccando coloro che lavorano per distruggerla incrinando e erodendo la filosofia su cui si fonda.
Ebbene, dal IV secolo in poi e fino a buona parte del XVIII, la filosofia su cui si fondava l’Occidente era il cristianesimo. Dal IV secolo fino al XVI fu il cattolicesimo romano. A far la guardia a questa filosofia, dal XII secolo in poi, fu posta l’Inquisizione. Quando, nel XVI secolo, il cristianesimo non fu più identificato col cattolicesimo romano, non per questo i protestanti rinunciarono alle loro inquisizioni. E quando il cristianesimo di ogni denominazione fu sostituito dai Lumi l’incarico passò alla ghigliottina. I due secoli finali sono quelli ideologici che tutti conosciamo. Le ideologie, che accusavano la Chiesa di intolleranza, furono infatti spietate con il dissenso e addirittura genocide anche con quello potenziale.
Come mai, tuttavia, ancora oggi è l’Inquisizione cattolica a uscire più malconcia dall’unanime giudizio storico?»

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