mercoledì 26 gennaio 2011

È impossibile che la fede sia contraria alla ragione

«La questione dei rapporti tra fede e ragione, questione sconosciuta alla filosofia greca, ha dato luogo ad accese discussioni sin dai primi tempi del cristianesimo. La questione è di sapere se col sopraggiungere della fede col suo tesoro di verità e infallibilità, di quelle verità che contano veramente in quanto producono la salvezza, la ragione conservi ancora qualche utilità o sia invece diventata un pericolo per chi crede. 
Per questo problema già prima di S. Tommaso d’Aquino erano state esibite, sia dai pensatori cristiani sia da quelli arabi, tre soluzioni: antinomia, estraneità e armonia. 

La tesi dell’antinomia aveva incontrato il favore dei primi Padri della Chiesa (Taziano e Tertulliano in particolare), i quali vedevano nella filosofia un pericoloso nemico del cristianesimo e diffidavano i cristiani dal mendicare i favori della ragione umana quando erano già in possesso della Verità grazie all’insegnamento del Maestro divino. 

La tesi della estraneità era stata avanzata dai discepoli di Averroè con la teoria della “doppia verità”: a loro giudizio fede e ragione non si occupano della stessa verità, ma di verità differenti, estranee l’una all’altra. Per questo non si pone il problema di conciliarle e armonizzarle. 

La terza soluzione, quella dell’armonia, già proposta da alcuni Padri del III secolo (Giustino, Clemente e Origene) un po’ alla volta divenne dottrina comune della Patristica e della Scolastica. Secondo questa soluzione tra fede e ragione in linea di principio non può esserci conflitto, in quanto la fede non fa altro che consolidare, integrare, arricchire l’orizzonte di verità già accessibile alla ragione. Fede e ragione sono due canali che provengono dalla medesima sorgente, Dio; sono due forze noetiche che lavorano per lo stesso obiettivo, il possesso della verità. […] 

La prima cosa da riconoscere, dice con insistenza San Tommaso d’Aquino, è che fede e ragione sono procedimenti conoscitivi differenti: la ragione accoglie una verità in forza della sua evidenza intrinseca (mediata o immediata); la fede invece, accetta una verità in base all’autorità della Parola di Dio. 

Perciò si danno anche due tipi diversi di sapere, quello filosofico e quello teologico. Duplice è l’ordine delle scienze: alcune procedono da princìpi conosciuti mediante il lume naturale della ragione, come l’aritmetica, la geometria e simili; altre procedono da princìpi conosciuti mediante il lume di una scienza superiore, come la teologia (I, q. 1, a. 2). 

Nelle stesse cose che riguardano Dio si registra un doppio ordine di verità: Ve ne sono alcune che superano ogni capacità della ragione umana, come la Trinità insieme all’Unità di Dio; altre poi possiamo afferrarle con la ragione naturale, come l’esistenza di Dio, la sua unità e simili verità, che anche i filosofi dimostrano col solo lume della ragione naturale (C. G., I, c. 3). 

Con questa distinzione metodologica tra sapere filosofico e scientifico da una parte e sapere teologico dall’altra e l’implicita affermazione dell’autonomia della filosofia nei confronti della teologia, Tommaso ha dato il via a quel processo di “secolarizzazione” del sapere umano, che contribuirà non poco allo sviluppo delle scienze sperimentali e delle scienze umane, anche se non di rado lo stesso processo di secolarizzazione darà luogo a dolorosi scontri tra filosofia e teologia oppure tra scienza e fede. 

San Tommaso sapeva bene che due tipi di sapere che hanno a che fare con la stessa verità, come la filosofia e la teologia, possono entrare in conflitto, ma era convinto che si trattasse di conflitti accidentali e superabili. 

In primo luogo, perché Dio è la fonte primigenia di ogni verità, sia di fede sia di ragione. In secondo luogo, perché I princìpi radicati naturalmente nella ragione sono talmente veri che non è nemmeno possibile pensarli come falsi; né d’altra parte è lecito ritenere come falsa la fede, che ha avuto da Dio conferme si evidenti. Perciò siccome il solo errore è contrario alla verità, come appare chiaramente dalla loro definizione, è impossibile che la verità di fede sia contraria a quei principi che la ragione conosce naturalmente (C. G., I, c. 7). Pertanto, se tra fede e ragione, tra filosofia e teologia affiora qualche contrasto è segno che almeno da una parte non si e giunti alla verità, bensì a conclusioni false oppure non necessarie.» 

Battista Mondin. Dizionario enciclopedico del pensiero di S. Tommaso d’Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna. 

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